Fanino Fanini. Martire della Fede nell’Italia del Cinquecento di Emanuele Casalino.
Prefazione di Giorgio Bouchard
Considerazioni a latere di Virginia Mariani
Formato 15×21; Rilegatura cucito in filo refe.
Pagine 96
ISBN 978-88-90000-6-5
Ridare la parola a coloro ai quali è stata negata o altrimenti tolta, a coloro
la cui voce, nel passato, è stata estinta dalla coercizione dell’Inquisizione,
nel sangue, con la carcerazione, con l’emarginazione, rientra in
quel dibattimento di riavvicinamento delle memorie. L’autore ha voluto
ricordare il sacrificio di Fanino Fanini, tracciare il vissuto, e questo è un
modo per fecondare e dare senso alla storia dell’umanità. Il martirio, la
testimonianza dei valori della propria fede, che in passato, e purtroppo
ancora oggi, è stato ed è pagato con la vita o in altro modo, è il prezzo, ancorché
necessario, per far trionfare i valori di fede, respinti ma confermati.
Le vittime dell’intolleranza omaggiano l’umanità del dono della tolleranza
e ne rimarcano il valore; la sopraffazione orienta verso la libertà, non
senza sacrificio umano, e la giustizia è il dono che le vittime dell’ingiustizia
fanno all’umanità intera. (Daniele Giacoia)
PREFAZIONE
Che l’Italia del Cinquecento abbia ospitato (abitualmente nelle
sue carceri o nei suoi cimiteri) un buon numero di italiani
diventati protestanti (o “luterani”, come allora si diceva) è ormai
cosa nota quasi a tutti. Ma dato che quello è il secolo del
Rinascimento, si tende a mettere in rilievo soprattutto alcuni
(anzi molti) grandi intellettuali che, malvisti e minacciati in patria,
hanno saputo contribuire creativamente alla formazione
dell’Europa moderna.
Unica eccezione: le comunità valdesi di Calabria, Puglia e
Campania, massacrate o “convertite” per volontà del futuro
“san Pio V”: un valoroso manipolo di storici meridionali sta
ricostruendo la loro storia dal Duecento in poi. A loro vada il
nostro cordiale ringraziamento.
A dire il vero, c’è anche un’altra eccezione: i valdesi del Piemonte
(o per essere più esatti delle valli pinerolesi) hanno fatto
presto la loro “scelta calvinista” (Sinodo di Chanforan, 1532),
ma quando Emanuele Filiberto Duca di Savoia, ha cercato di
imporre loro armata manu la teologia e la disciplina della Controriforma,
hanno risposto anche loro combattendo e, forzando
il Duca (con l’aiuto di un cattolico ecumenico) a una soluzione
di compromesso: il cosiddetto “Trattato di Cavour”.
I valdesi erano ormai un “popolo-chiesa” e, come tali, poterono
sopravvivere a un paio di massacri di massa (1655 e 1686) e
più tardi affrontare le due maggiori “crisi creative” della storia
d’Italia (il Risorgimento e la Resistenza); ma non erano (e non
sono) un movimento.
Invece fin dal Cinquecento in Italia esisteva un movimento
evangelico, ispirato al grande insegnamento della Riforma protestante,
sia luterana che calvinista: questo movimento aveva
un carattere marcatamente popolare.
È grande merito di Emanuele Casalino (che non a caso è pastore
battista a Ferrara) avere messo in rilievo il carattere popolare
del protestantesimo italiano del Cinquecento.
Ciò non gli impedisce di dipingere a tinte forti la realtà della
Controriforma come si presentava nello Stato della Chiesa, da
Roma fino a Ferrara e Faenza.
Il fornaio Fanino Fanini, come molti altri popolani del suo
tempo, è morto martire della fede cristiana evangelica e questo
bel libro ci aiuta a non dimenticarlo. (Giorgio Bouchard)
INDICE
Prefazione ……………………………………………………………………………………………………………………………. p. 3
Premessa ……………………………………………………………………………………………………………………………….. p. 7
Fanino Fanini (1520-1550) ……………………………………………………………………….. p. 21
L’ eredità di Fanini …….……………………………………………………………………………………… p. 65
Il nostro libero stato d’incoscienza, di Virginia Mariani …………… p. 75
Bibliografia ……………………………………………………………………………………………………………… p. 91
Sitografia ……………………………………………………………………………………………………………………. p. 93
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